«Omnibus», di Leo Longanesi
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Lì, sul tavolone in via del Sudario, sfogliarono insieme quel primo numero di «Omnibus». Costava una lira, aveva sedici paginone, più grandi di quelle d’un quotidiano, splendide fotografie e eccellenti servizi. Sotto l’apertura di Scarfoglio su Blum, spiegava Leo, forse sarebbe stato meglio mettere l’articolo di Lloyd George (intitolato Verso la guerra, un efferato calcio negli stinchi al Regno Unito) che stava invece in seconda pagina. Seguiva in terza una grande foto di Mussolini, «perché questa ci vuole,» Leo disse ridendo «non sono stato forse io a dire per primo che “Mussolini ha sempre ragione”?… Così, se qualche gerarca ci rompe le scatole, io posso sempre ricorrere al duce». La lezione continuò: «Meglio comunque l’articolo che vi sta sotto, firmato “Omnibus” ma di Mario Missiroli che fascista non è ma forse vorrebbe esserlo, anche se in realtà – lui che sa tutto e lo scrive con mani da pianista – una cosa soltanto ignora, cioè quello che in realtà è…».
Non si sarebbe abituato mai, Montanelli, alle sue folgoranti battute («Il fascismo conosce i nostri lati deboli, è la sua sola forza»; «Bisogna trovare un fratello al Milite Ignoto»; «Col tempo e con le cariche si marciscono i gerarchi»; «Sbagliando s’impera») perché Leo le rinnovava di continuo, aveva orrore della ripetizione. Su quel capostipite, insuperato, d’ogni rotocalco d’Italia – da «L’Europeo» e «L’Espresso» di Benedetti a «Il Mondo» di Pannunzio che la lezione l’appresero lì – Leo cominciò a far scrivere l’amico (…)»
Staglieno, Marcello, Montanelli – Novant’anni controcorrente, “Le Scie”, 1a ed., Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2001 (1a ed. Oscar bestsellers 2002), pp. 495 - pag. 100
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