Homo faber: artifex suae fortunae

Diario di bordo di Giancarlo Nicoli, titolare della Artifex. Sono qui ospitati: pensieri, aggiornamenti, notizie, progetti relativi alla casa editrice e al suo sito internet.

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Località: Italy

05 settembre 2006

La lettura diretta della Bibbia

Montanelli – Novant’anni controcorrente «Accadde che – riesaminando con occhi più attenti Risorgimento senza eroi di Gobetti – Montanelli risalì a due capi d’opera della più salda cultura laica d’Occidente, Il borghese di Werner Sombart e l’Etica protestante e lo spirito del capitalismo di Max Weber.
Li aveva acquistati da Seeber poco prima della partenza per Grenoble, e ne fu subito entusiasta. Pur fervidamente mussoliniano, cresciuto e allevato in un regime che aveva voluto i Patti Lateranensi dell’11 febbraio 1929, e con una madre profondamente cattolica, quei due libri accentuarono le sue simpatie per il protestantesimo che, correlate all’assoluta laicità della Destra storica, con il passare degli anni lo porterà via via a posizioni sempre più critiche verso il potere temporale vaticano. Soprattutto, in quell’agosto 1934, in Sombart e Weber colse genialmente un duplice nesso, sostanziale per la sua futura divulgazione storica: tra Riforma e liberalismo e, all’opposto, tra Controriforma e fascismo.
Ricordò questa sua importante intuizione, a fine aprile 1974, nella casa di via Motta in Lugano a Prezzolini, che nella sede cantonale della radio ticinese aveva appena presentato «il Giornale», a poco meno d’un mese dall’uscita nelle edicole. Gli fece le lodi del calvinismo, “scoperto” nel ’34. E al grande vecchio, che gli obiettò i contributi della «Roma del cristianesimo trionfante» all’Umanesimo e alla Rinascenza, Montanelli rispose (ero presente) che la Chiesa, con il Concilio di Trento, aveva annichilito nella penisola la nascita della borghesia, dello Stato nazionale sino a favorire, come causa pur remota, l’avvento del fascismo.
Sostanzialmente disse: «Qui da noi, lo hai del resto scritto nel tuo bel libro L’Italia finisce, ecco quel che resta, al “cittadino” la Chiesa ha sempre privilegiato il “credente”. Lo capii nell’agosto del 1934, leggendo Sombart e Weber. Entrambi sostengono che la mercatura e le spinte imprenditoriali, fin dal Trecento fiorentissime attraverso le Repubbliche marinare anche nel nostro Sud, furono mortificate dalla Controriforma. Il profitto venne bollato come usura. Nonostante questo, nel Settentrione d’Italia ma senz’escludere la Toscana in cui nacquero il libero commercio e la cambiale, lo spirito d’impresa non s’annichilì del tutto. Sia per i riverberi, dalla Francia, di quel succedaneo del calvinismo che furono Giansenio e Port-Royal. E lascia stare il fatto che Braudel dica il contrario, affermando che il mercantilismo borghese si sviluppò nel Mediterraneo in modi ben superiori a quelli dei Paesi protestanti… Io continuo a credere che abbiano ragione Sombart e Weber. La borghesia, qui da noi, è ancora di là da venire. Lassù, la lettura diretta della Bibbia consente da secoli ai credenti di non aver bisogno, com’impone invece il cattolicesimo, della mediazione ecclesiale. E li fa liberi. In più, la teoria della predestinazione, sostenendo che i “premiati dal Signore” lo sono anche in quanto aspirano alla ricchezza e la conseguono, rafforzò l’orgoglio e la consapevolezza, in tutti loro, di rappresentare una “nuova classe” borghese. Proprio il contrario di quanto accadde in Italia, specie nel Sud, dove la nascente borghesia, sottomessa ai dettami tridentini, preferì inserirsi nella “classe vecchia”, nobiliare e reddituaria, abbandonando ogni spirito d’impresa con l’acquisto di terre che davano diritto a un titolo. Cioè infeudandosi».


Staglieno, Marcello, Montanelli – Novant’anni controcorrente, “Le Scie”, 1a ed., Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2001 (1a ed. Oscar bestsellers 2002), pp. 495 - pag. 58