La ricerca della felicità
«Può sembrare superfluo, ma voglio ugualmente ricordare che la Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America esordisce con la seguente proposizione generale: “Noi riguardiamo come incontestabili ed evidenti per se stesse le seguenti verità: che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono stati dotati dal Creatore di certi diritti inalienabili, che tra questi diritti sono, in primo luogo, la vita, la libertà e la ricerca della felicità.”
La ricerca della felicità!... Che sia questa semplice, sorprendente, coraggiosa, spregiudicata formulazione, il germoglio da cui si sviluppano le più azzardate spinte di riforma “morale”?
Con tutto il mio (e credo anche vostro) sincero e profondo rispetto, riuscite ad immaginarveli Palmiro Togliatti e Pietro Nenni, Alcide De Gasperi e Oscar Luigi Scalfaro che, nell’atto di fondare il nostro Stato, s’impegnano a votare per la difesa del diritto inalienabile dell’uomo alla felicità?
I padri della nostra repubblica, riuniti in un consesso costituito per circa la metà da cattolici e per l’altra metà in stragrande prevalenza da marxisti, non seppe trovare miglior fondamento e giustificazione all’esistenza del nostro Stato che... il lavoro.
Ma sì, lo sappiamo tutti bene: il lavoro nobilita l’uomo. E rende liberi. Lo scrivevano anche gli aguzzini delle SS sui cancelli d’ingresso dei campi di sterminio nazisti: “Arbeit macht frei”. Ma sappiamo anche che per i cattolici il lavoro è, insieme alla morte, la biblica condanna che si accompagnò alla cacciata dall’Eden; per i marxisti è il prezzo da pagare allo Stato in cambio del cibo e delle altre necessità elementari da cui l’uomo è afflitto (la felicità non vi è inclusa. Un po’ malinconico, non credete?»
Ottavio Jemma, cit, pag. 107
La ricerca della felicità!... Che sia questa semplice, sorprendente, coraggiosa, spregiudicata formulazione, il germoglio da cui si sviluppano le più azzardate spinte di riforma “morale”?
Con tutto il mio (e credo anche vostro) sincero e profondo rispetto, riuscite ad immaginarveli Palmiro Togliatti e Pietro Nenni, Alcide De Gasperi e Oscar Luigi Scalfaro che, nell’atto di fondare il nostro Stato, s’impegnano a votare per la difesa del diritto inalienabile dell’uomo alla felicità?
I padri della nostra repubblica, riuniti in un consesso costituito per circa la metà da cattolici e per l’altra metà in stragrande prevalenza da marxisti, non seppe trovare miglior fondamento e giustificazione all’esistenza del nostro Stato che... il lavoro.
Ma sì, lo sappiamo tutti bene: il lavoro nobilita l’uomo. E rende liberi. Lo scrivevano anche gli aguzzini delle SS sui cancelli d’ingresso dei campi di sterminio nazisti: “Arbeit macht frei”. Ma sappiamo anche che per i cattolici il lavoro è, insieme alla morte, la biblica condanna che si accompagnò alla cacciata dall’Eden; per i marxisti è il prezzo da pagare allo Stato in cambio del cibo e delle altre necessità elementari da cui l’uomo è afflitto (la felicità non vi è inclusa. Un po’ malinconico, non credete?»
Ottavio Jemma, cit, pag. 107
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