La gradita convocazione del direttore
Il termine «giornalismo» equivale per molti scrittori a «recensione».
Immaginiamo che Walter Savage Shelleyblake sia un giovane scrittore e che il suo libro si intitoli Aere Vernale. Arriverà subito la gradita convocazione del direttore letterario del giornale «La Borragine Azzurra»: «Mio caro Shelleyblake, sono veramente lieto di averla conosciuta l’altra sera e sono felice di averle potuto esprimere il mio parere sul suo libro. Mi chiedevo se le piacerebbe provare a scrivere qualche recensione per noi. Cerchiamo qualcuno che mi faccia la critica del Boswell della Nonesuch (1) e mi è venuto in mente il suo nome».
Il Boswell da solo vale quattro ghinee e ben presto appare sul supplemento letterario di «La Borragine Azzurra» la recensione: Espatriato da Auchinleck firmato da Walter Savage Shelleyblake. Si rivela ricca di spunti e il signor Vampiro, il direttore, gli concede il suo encomio. L’opera di Erasmus Darwin, della quale il giovane autore scrive la recensione successiva, non è altrettanto bella, ma il suo articolo Canto del cigno a Lichfield è considerato «estremamente brillante». Improvvisamente il suo nome appare sotto un mucchio di recensioni di libri di viaggi ed egli si ritrova a esplorare i segreti delle giungle maya, dei guardacaccia kenioti o delle donne-proiettile americane. Nell’aro di un anno verrà giudicato un «tuttofare» sarà promosso di grado e passerà alla critica di romanzi; si tratta di una promozione, perché recensire romanzi è un’attività continuativa, dato che sono letti da un pubblico più vasto e che gli editori «ci tengono». Se la critica è favorevole e si presta ad essere citata, il suo autore verrà immortalato sulla copertina del romanzo e vedrà il suo nome stampato sulle locandine pubblicitarie. E il denaro di otto o dieci romanzi recensiti ogni quindici giorni, venduti come copie per la recensione, si va ad aggiungere al suo stipendio. A questo punto vanno spiegati alcuni fatti. Per quanto il signor Vampiro ammiri Aere Vernale e sia entusiasta di Walter Shelleyblake, egli resta soprattutto un direttore che si occupa del suo giornale e lavora perché ogni numero sia abbastanza vivace da colorare il suo sterile suolo. Fino a che sviluppa le doti latenti del giovane Walter – la competenza, la disposizione alla satira, la lucidità e la levigata eleganza – i loro interessi coincidono; essi, tuttavia, non possono essere mai identici e l’uso che il giovane fa delle sue doti non è più affar suo ma del signor Vampiro. La concorrenza per accaparrarsi le opere migliori, il Boswell della Nonesuch, è feroce; spesso il Vampiro ha la fortuna di aggiudicarsene una e se, perciò, Shelleyblake spera di scrivere alcune migliaia di parole sull’influenza di Orazio nella poesia inglese o sui motivi psicologici che hanno indotto Congreve alla vita ritirata, dovrà tenersi la speranza e darsi da fare con la sua copia di Intrighi e gonnelle, cronaca di una famosa nobildonna reale, o con altre sei autobiografie, a cominciare da Cinquant’anni agli antipodi.
Essendo io stesso una persona pigra e irresoluta, ultravanitosa e ultramodesta, insicura del proprio giudizio e incapace di portare a termine il lavoro iniziato, ho ricavato qualche vantaggio dal giornalismo grazie al meraviglioso spirito organizzativo del direttore che mi ha addestrato. Ma, ciò nonostante, io direi a Shelleyblake, il quale evidentemente non appartiene alla cerchia di Hazlitt, che qualunque altro modo di far soldi andrebbe meglio, che il lavoro del critico è un lavoro a tempo pieno e a stipendio ridotto, un’attività nella quale ciò che si ha di meglio viene speso a favore dell’altrui mediocrità. Una recensione ben fatta viene ricordata per un paio di settimane; un critico letterario deve sempre rinnovare la sua reputazione e non troverà il tempo di leggere o scrivere per proprio conto perché sarà troppo occupato a leggere le opere altrui, e ciò lo distoglierà dalla lettura quando non sarà per lavoro. Si deprimerà vedendo che i libri scritti dagli amici si accumulano e capirà che, oltre a rimetterci il tempo per scrivere i propri libri, sta perdendo anche l’energia e la capacità di applicazione, che sta sciupando le sue doti con robaccia, con il risultato che sono proprio i suoi lavori più artificiosi quelli che ricevono elogi.
(1) «Nonesuch Boswell»: tipico gioco di parole dell’A. «Nonesuch», che è il nome di una casa editrice inglese, significa anche «incomparabile»; si può quindi intendere anche «incomparabile Boswell» (N.d.T.).
Cyril Connolly, cit, pag. 118
Immaginiamo che Walter Savage Shelleyblake sia un giovane scrittore e che il suo libro si intitoli Aere Vernale. Arriverà subito la gradita convocazione del direttore letterario del giornale «La Borragine Azzurra»: «Mio caro Shelleyblake, sono veramente lieto di averla conosciuta l’altra sera e sono felice di averle potuto esprimere il mio parere sul suo libro. Mi chiedevo se le piacerebbe provare a scrivere qualche recensione per noi. Cerchiamo qualcuno che mi faccia la critica del Boswell della Nonesuch (1) e mi è venuto in mente il suo nome».
Il Boswell da solo vale quattro ghinee e ben presto appare sul supplemento letterario di «La Borragine Azzurra» la recensione: Espatriato da Auchinleck firmato da Walter Savage Shelleyblake. Si rivela ricca di spunti e il signor Vampiro, il direttore, gli concede il suo encomio. L’opera di Erasmus Darwin, della quale il giovane autore scrive la recensione successiva, non è altrettanto bella, ma il suo articolo Canto del cigno a Lichfield è considerato «estremamente brillante». Improvvisamente il suo nome appare sotto un mucchio di recensioni di libri di viaggi ed egli si ritrova a esplorare i segreti delle giungle maya, dei guardacaccia kenioti o delle donne-proiettile americane. Nell’aro di un anno verrà giudicato un «tuttofare» sarà promosso di grado e passerà alla critica di romanzi; si tratta di una promozione, perché recensire romanzi è un’attività continuativa, dato che sono letti da un pubblico più vasto e che gli editori «ci tengono». Se la critica è favorevole e si presta ad essere citata, il suo autore verrà immortalato sulla copertina del romanzo e vedrà il suo nome stampato sulle locandine pubblicitarie. E il denaro di otto o dieci romanzi recensiti ogni quindici giorni, venduti come copie per la recensione, si va ad aggiungere al suo stipendio. A questo punto vanno spiegati alcuni fatti. Per quanto il signor Vampiro ammiri Aere Vernale e sia entusiasta di Walter Shelleyblake, egli resta soprattutto un direttore che si occupa del suo giornale e lavora perché ogni numero sia abbastanza vivace da colorare il suo sterile suolo. Fino a che sviluppa le doti latenti del giovane Walter – la competenza, la disposizione alla satira, la lucidità e la levigata eleganza – i loro interessi coincidono; essi, tuttavia, non possono essere mai identici e l’uso che il giovane fa delle sue doti non è più affar suo ma del signor Vampiro. La concorrenza per accaparrarsi le opere migliori, il Boswell della Nonesuch, è feroce; spesso il Vampiro ha la fortuna di aggiudicarsene una e se, perciò, Shelleyblake spera di scrivere alcune migliaia di parole sull’influenza di Orazio nella poesia inglese o sui motivi psicologici che hanno indotto Congreve alla vita ritirata, dovrà tenersi la speranza e darsi da fare con la sua copia di Intrighi e gonnelle, cronaca di una famosa nobildonna reale, o con altre sei autobiografie, a cominciare da Cinquant’anni agli antipodi.
Essendo io stesso una persona pigra e irresoluta, ultravanitosa e ultramodesta, insicura del proprio giudizio e incapace di portare a termine il lavoro iniziato, ho ricavato qualche vantaggio dal giornalismo grazie al meraviglioso spirito organizzativo del direttore che mi ha addestrato. Ma, ciò nonostante, io direi a Shelleyblake, il quale evidentemente non appartiene alla cerchia di Hazlitt, che qualunque altro modo di far soldi andrebbe meglio, che il lavoro del critico è un lavoro a tempo pieno e a stipendio ridotto, un’attività nella quale ciò che si ha di meglio viene speso a favore dell’altrui mediocrità. Una recensione ben fatta viene ricordata per un paio di settimane; un critico letterario deve sempre rinnovare la sua reputazione e non troverà il tempo di leggere o scrivere per proprio conto perché sarà troppo occupato a leggere le opere altrui, e ciò lo distoglierà dalla lettura quando non sarà per lavoro. Si deprimerà vedendo che i libri scritti dagli amici si accumulano e capirà che, oltre a rimetterci il tempo per scrivere i propri libri, sta perdendo anche l’energia e la capacità di applicazione, che sta sciupando le sue doti con robaccia, con il risultato che sono proprio i suoi lavori più artificiosi quelli che ricevono elogi.
(1) «Nonesuch Boswell»: tipico gioco di parole dell’A. «Nonesuch», che è il nome di una casa editrice inglese, significa anche «incomparabile»; si può quindi intendere anche «incomparabile Boswell» (N.d.T.).
Cyril Connolly, cit, pag. 118
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